USS SELEYA

SISTEMI PER LA GENERAZIONE DI ENERGIA   2

Pre-fusione
Fusione nucleare
Reazione materia/antimateria

Energia da Punto Zero
Altri sistemi: singolarità quantica controllata

 

Reazione materia/antimateria

L'antimateria è materia composta da antiparticelle corrispondenti alle particelle che costituiscono la materia ordinaria.
Ad esempio, un atomo di antidrogeno è composto da un antiprotone caricato negativamente attorno al quale orbita un positrone (antielettrone) caricato positivamente. Se una coppia particella/antiparticella viene a contatto, le due si annichiliscono emettendo radiazione elettromagnetica.

Con l'antimateria, tutta l'energia potenziale racchiusa nella materia può essere sfruttata, invece della piccola parte di energia chimica o nucleare che viene estratta da altre fonti.
La reazione di 1 Kg di antimateria con 1 kg di materia produce (in base all'equazione E=mc²) 1,8×1017 Joule di energia. Per contro, bruciare 1 kg di petrolio fornisce 4,2×107 J, mentre dalla fusione nucleare di 1 kg di idrogeno si ottengono 2,6×1015 J.

La gestione di una reazione materia/antimateria (m/am) è l’operazione più complessa, delicata e pericolosa fra quelle che si effettuano a bordo di una nave stellare, a causa della natura stessa dell’antimateria, la cui reazione con la materia ordinaria genera invariabilmente una immediata reazione distruttiva.

I dispositivi che compongono l’apparato di contenimento e utilizzo dei combustibili della reazione m/am sono:
• Sistema di contenimento e trasporto della materia (deuterio)
• Sistema di contenimento e trasporto dell’antimateria (antidrogeno)
• Nucleo a curvatura
• Condotti di trasferimento del plasma
• Rete EPS
• Dispositivi di raffreddamento del nucleo
• Dispositivi di sicurezza
• Dispositivi di rifornimento di emergenza

 

Sistema di contenimento e trasporto della materia (deuterio)

Delle due sostanze usate nella reazione m/am il deuterio è la più semplice da utilizzare, trattandosi di materia ordinaria.
Su molte navi il deuterio è stoccato in un unico serbatoio, che alimenta sia il nucleo a curvatura sia i reattori a fusione; sulle navi di classe Sovereign, invece, per ragioni di carattere tattico il deuterio è suddiviso in quattro serbatoi, posti nella zona dorsale della Sezione Ingegneria.

Spaccato ventrale di una Classe Sovereign: in evidenza i serbatori  di deuterio

Ogni serbatoio ha una capacità di circa 25.000 m³, capaci di garantire una autonomia media di 5 anni al vascello. Oltre ai quattro serbatoi principali esistono poi serbatoi secondari, uno per ogni reattore a fusione, in grado di fornire un’autonomia di funzionamento di circa 72 ore al reattore stesso.

Ogni serbatoio, a prescindere dalla sua capacità, segue uno schema costruttivo analogo: due strati di acciaio inossidabile e cortanium 2378 a matrice rinforzata, gamma-saldati fra loro attraverso uno strato intermedio isolante composto da una schiuma espansa sotto vuoto di silicio, rame e duranite.
All’interno dei serbatoi il deuterio viene conservato sotto forma di poltiglia semisolida, alla temperatura di 13.8°K, principalmente allo scopo di impedire che – in caso di manovre rapide e ad alta velocità – il movimento di una massa liquida possa spostare il centro di massa della nave.

Ogni serbatoio ha alcuni fori di entrata, che servono a trasferire il deuterio verso i reattori e a mettere in comunicazione i serbatoi stessi fra loro, nel caso si renda necessario trasferire carburante da un serbatoio all’altro.

Con la sola eccezione di una buona coibentazione, per lo stoccaggio e il trasporto interno alla nave del deuterio non sono necessarie altre misure di sicurezza.

Sistema di contenimento e trasporto dell’antimateria (antidrogeno)

A bordo di una nave stellare l’antimateria è indispensabile per produrre la quantità di energia necessaria a raggiungere velocità di curvatura. A causa della propria natura è però un materiale altamente instabile e pericoloso, e la gestione delle sue scorte all’interno di un vascello è la massima priorità in qualsiasi frangente.

L’antimateria a bordo di una nave stellare è composta da antidrogeno, l’antiparticella più semplice da produrre e stoccare.

A differenza del deuterio, che normalmente viene stoccato in un unico serbatoio centralizzato, l’antimateria viene conservata in molti piccoli serbatoi separati, di norma alloggiati nella parte più bassa dello scafo secondario di una nave; inoltre, a causa del potenziale distruttivo, ogni serbatoio è dotato di un dispositivo automatico di espulsione, tramite detonatori a microfusione, che provvede ad eiettare dalla nave stessa il serbatoio al più piccolo segno di cedimento delle procedure di contenimento.
I serbatoi stessi sono contenitori standard, uguali su tutte le navi della Flotta Stellare: per ragioni di sicurezza, infatti, si preferisce rifornire una nave caricando serbatoi preriempiti piuttosto che riempire quelli esistenti ma vuoti.
I serbatoi sono contenitori a base esagonale, con un volume di 128 m³, costruiti in poliduranide; all’interno sono divisi in 24 camere di contenimento, ognuna rivestita di quonium ferrico per aumentare la resistenza del campo magnetico di contenimento, per un volume utile di carico di antimateria di circa 100m³.
Ogni compartimento di un serbatoio è dotato di valvole a campo magnetico, per permettere il deflusso controllato ma anche il caricamento dell’antidrogeno.
Ogni serbatoio, inoltre, è dotato di una batteria a microfusione in grado di garantire il mantenimento autonomo del campo di contenimento per un periodo di circa un’ora.

I condotti che trasferiscono l’antimateria dai serbatoi al nucleo a curvatura, composti dallo stesso materiale dei serbatoi, seguono una identica filosofia di manutenzione e sicurezza: ad eccezione degli interventi di manutenzione, infatti, in ogni momento sono presenti nei condotti di trasferimento dell’antimateria alcune molecole di questa sostanza, con i rischi connessi.
Per la stessa ragione, i condotti corrono paralleli allo scafo esterno: anche se questo li rende più vulnerabili in caso di attacco, permette però la loro espulsione dalla nave in caso di cedimento del sistema di contenimento.

Nucleo a curvatura

Il Nucleo a Curvatura è l’insieme di quegli apparati che, a bordo di una nave stellare, consentono di generare l’energia necessaria a superare la “soglia di curvatura” e quindi di viaggiare a velocità superluminali.

Nucleo di una Classe DefiantIl nucleo vero e proprio è composto da tre gruppi di elementi distinti: gli iniettori dei reagenti (materia e antimateria), i segmenti di costrizione magnetica (superiore e inferiore) e la camera di reazione, dove avviene la produzione di energia.

Gli iniettori dei reagenti sono posti fra i condotti di trasferimento di materia e antimateria e il primo dei segmenti di costrizione magnetica.

L’iniettore di materia [MRI] riceve il deuterio, ancora in forma di poltiglia semisolida, dal condotto di trasferimento della materia, lo riscalda fino a formare un gas e lo inietta, una molecola alla volta, nel primo dei segmenti magnetici che portano alla camera di reazione.

L’MRI è un dispositivo di forma conica realizzato in carbomolibdenite di woznium rinforzata; ogni MRI contiene un set di 6 ugelli di iniezione di deuterio, costruiti in frumium-rame-yttrium 2343, completamente ridondanti: in caso di guasto di un ugello, il sistema è in grado di attivarne immediatamente un altro. Ad alte velocità di curvatura il sistema è in grado di supplire alla perdita contemporanea di due ugelli senza alterazioni nella produzione totale di energia.


L’iniettore di antimateria [ARI] è il corrispettivo dell’MRI, ed è un dispositivo allo stesso tempo più semplice e più complicato della sua controparte.
Più semplice perché, per ragioni di gestione dei dispositivi magnetici di confinamento, non ci sono set di ugelli multipli ma un solo iniettore, collegato ad una camera di espansione dove piccole quantità di antimateria, provenienti dai serbatoi dell’antidrogeno, vengono stoccate prima dell’iniezione nei segmenti magnetici.
Più complicato perché, come in tutti i sistemi che interagiscono con l’antimateria, il contenimento – o l’eventuale ventilazione – in condizioni di sicurezza impone controlli e apparati specifici.
L’ARI e l’ugello di iniezione sono costruiti negli stessi materiali delle loro controparti dell'MRI; le principali differenze, come precedentemente detto, risiedono nella presenza di una camera di espansione fra i condotti di trasferimento dell’antimateria e l’ugello di iniezione vero e proprio, e nella presenza di un solo ugello – di maggiori capacità – rispetto al set di sei dell’MRI.

I segmenti di costrizione magnetica sono elementi toroidali, posti fra gli iniettori e la camera di reazione, che hanno lo scopo di focalizzare il flusso di molecole di materia e antimateria verso un ben determinato punto di scontro, aumentando nel contempo la loro velocità: a una maggiore velocità di urto, infatti, corrisponde una migliore canalizzazione del plasma verso le gondole e, di conseguenza, una minore contropressione in fase di iniezione.

Negli impianti posti sui vascelli di maggiori dimensioni il nucleo a curvatura è posto in verticale, con il segmento superiore che inietta materia mentre quello inferiore inietta antimateria. Su vascelli più piccoli, come le navette ed i runabout, il nucleo è posto in orizzontale: in questo caso, per ragioni di sicurezza, l’apparato di iniezione dell’antimateria si trova a poppa, in modo che in caso di espulsione il vascello possa mettere quanta più distanza possibile prima della detonazione.

Ogni toroide è composto da uno strato esterno di borosilicato di alluminio trasparente e da uno strato interno di ferracite carbonitica. All’interno dello strato di ferracite si trovano i gruppi di bobine di costrizione, in lega ad alta densità di lantanite-cobalto-boronite: ogni gruppo è composto da 36 elementi di pressione magnetica e, mediamente, ogni toroide contiene 12 di questi gruppi, anche se il numero può variare in base alle dimensioni del nucleo.
Ogni toroide è poi chiuso in una gabbia di tritanio e cortenide, e tutti gli elementi di contenimento dei vari toroidi sono microsaldati a transizione di fase fra loro durante la costruzione del nucleo stesso. L’intero nucleo è poi attraversato da un campo di integrità strutturale che ne aumenta ulteriormente la coesione.

Nei nuclei a curvatura con apparato di raffreddamento non-anulare, tra lo strato di ferracite e quello di alluminio trasparente sono annegati gas diodici fotosensibili. Poiché uno degli effetti del confinamento magnetico è l’emissione spontanea di fotoni, questi vengono utilizzati per eccitare i gas al fine di provvedere un controllo visivo immediato – anche se impreciso – dell’andamento della reazione di annichilazione.
Tradizionalmente, la Flotta Stellare usa un gas diodico azzurro per il controllo dell’iniezione di materia e uno rosso per l’antimateria.

Gas diodico azzurro per il controllo dell’iniezione di materia

La camera di reazione è l’apparato in cui avviene lo scontro fra la materia e l’antimateria e si genera il plasma ad alta energia che alimenta le gondole di curvatura.

La camera di reazione è composta da due semistrutture, a forma di semisfera schiacciata (ma la forma effettiva della camera dipende dal modello di nucleo), costruite da strati sovrapposti di carbonitrium di hafnium infuso di hexcelion 6 saldati a transizione di fase.
Gli strati più esterni sono inoltre rinforzati contro la sovrapressione grazie ad una armatura di arkenide di acrossenite, che aiuta la camera a resistere alle forze esplosive generate dallo scontro fra materia e antimateria.

La camera di reazione

Lungo la fascia equatoriale della camera si trova un elemento anulare di giunzione composto da un duplice strato di borocarbonato di tritanio trasparente, che permette una ispezione visiva della reazione in corso e che ospita l’alloggiamento corazzato dell’articolazione di supporto del cristallo di dilitio.
Le due metà della camera e la fascia equatoriale sono unite tramite perni strutturali in poliferrenite di hafnium 8, il cui numero varia a seconda delle dimensioni della camera.

L’elemento probabilmente più importante di tutto il nucleo di curvatura è il cristallo di dilitio.
Il dilitio è una sostanza cristallina, simile al quarzo, con la caratteristica fisica di non interagire in maniera esplosiva con l’antimateria; per questa ragione un cristallo di dilitio viene utilizzato come elemento finale nel processo di confinamento ed allineamento dei flussi di materia e antimateria a bordo delle navi stellari: il reticolo cristallino del dilitio impone infatti un allineamento pressoché perfetto e, quindi, una elevata resa nel processo di annichilazione.

Fino alla fine del XXIII secolo il dilitio era considerata una sostanza molto rara e preziosa. Difficile da reperire su mondi di classe M (le più notevoli eccezioni erano Coridan, Halka, Elas, Troyius, Rura Penthe, Praxis e Remus), tendeva inoltre a decristallizzarsi piuttosto velocemente con l’uso, tanto più velocemente quanto maggiore era la velocità di reazione richiesta. Inoltre, ogni tentativo di “tagliare” il cristallo per fargli assumere forme più idonee al contenimento in una camera di reazione generavano invariabilmente una rottura della simmetria cristallina, e quindi una inutilizzabilità del cristallo stesso.
Alla fine del XXIII secolo l'ingegnere Montgomery Scott della Flotta Stellare e lo scienziato Vulcaniano Spock scoprirono che l’uso di radiazioni gamma provenienti dalla fissione nucleare aveva come effetto quello di ricristallizzare il dilitio; il processo ha consentito, da allora, non solo di eliminare i problemi connessi al decadimento del cristallo (con conseguente allungamento della durata delle missioni di esplorazione) ma soprattutto di poter ricristallizzare la matrice cristallina dopo le operazioni di taglio che rendono il cristallo stesso un miglior mediatore per la reazione m/am (con conseguente innalzamento della massima velocità di curvatura raggiungibile).

Nel XXIV secolo, inoltre, la Flotta Stellare ha scoperto un sistema di produzione di cristallo di dilitio su base artificiale [cd Composizione a Matrice Theta], che ha di fatto svincolato la Federazione dalla ricerca di fonti naturali di questo materiale.

Poiché il rateo della reazione m/am è sempre 1:1, la quantità di energia totale generata dal nucleo a curvatura dipende direttamente da quanta materia e antimateria vengono iniettate nella camera di reazione per unità di tempo. Questa quantità, a sua volta, dipende da fattori quali i tempi di apertura e chiusura degli iniettori e dalla contropressione generata nei segmenti di costrizione magnetica dalla reazione di annichilazione che avviene nella camera di reazione, che ad alte velocità di curvatura impedisce un flusso ottimale dei reagenti verso il cristallo di dilitio.
Per questa ragione, le unità più moderne della Flotta Stellare hanno abbandonato il design del nucleo a curvatura composto da un singolo apparato in favore di un sistema, più complicato ma più efficiente, composto da apparati multipli: le navi stellari di classe Sovereign hanno un nucleo a curvatura composto da sette diversi insiemi (iniettori/segmenti/camera di reazione); anche i condotti di trasferimento del plasma di curvatura alle gondole sono raddoppiati, a vantaggio delle prestazioni e della sicurezza del sistema.
L’utilizzo di nuclei multipli permette inoltre – in caso di avaria grave – di espellere un singolo nucleo senza perdere la capacità di volo a curvatura.

Condotti di trasferimento del plasma

La funzione primaria del cristallo di dilitio è quella di focalizzare a livello atomico i flussi di materia e antimateria che danno luogo alla reazione energetica. Un secondo ruolo del cristallo, non meno importante del primo, è quello di focalizzare il flusso di plasma così generato e di incanalarlo verso i condotti di trasferimento che permettono al plasma stesso di raggiungere le bobine a curvatura contenute nelle gondole.

Dalla camera di reazione si dipartono due condotti, angolati fra loro sul piano orizzontale di 90°, composti da strati alternati di tritanio e borosilicato di alluminio trasparente; internamente si trova poi uno strato di fluoride di gulium cristallino, analogo al rivestimento interno dei reattori a fusione, con lo scopo di contrastare l’effetto termico del plasma. Costrittori magnetici lungo i condotti di trasferimento permettono sia il contenimento che il movimento peristaltico del plasma verso le gondole e le giunzioni EPS.

Sulle navi di classe Sovereign ogni condotto di trasferimento è doppio, incluso in un unico involucro esterno in tritanio e alluminio trasparente. All’interno del supporto, ognuno dei due condotti può trasferire fino al 75% della potenza generata a pieno regime dai nuclei a curvatura: in questo modo anche la perdita di un condotto non pregiudica la possibilità di viaggiare a velocità di curvatura. Inoltre, consente di non disattivare il nucleo per procedere alle operazioni di pulizia dei condotti, essendo sufficiente deviare il flusso integralmente verso l’altro condotto.
Come nel caso dei segmenti di costrizione magnetica, anche negli involucri dei condotti fra lo strato più esterno di alluminio trasparente e quello di supporto in tritanio sono affogati gas diodici fotosensibili, in questo caso collegati a sensori di flusso per permettere un controllo visivo immediato della peristalsi plasmatica.

Rete EPS

Oltre che per fornire energia alle bobine a curvatura, il plasma generato dalla fusione m/am può essere utilizzato per alimentare i vari sistemi di una nave stellare: di questo si occupano i collettori del sistema elettroplasmatico posti lungo i condotti di trasferimento del plasma.

Esistono tre differenti tipi di giunzione EPS, distinti in base alla capacità di flusso che possono intercettare.

I giunti di tipo I, posti di solito sia nelle immediate vicinanze della camera di reazione che nel punto in cui i condotti di trasferimento si curvano per entrare nei piloni di supporto delle gondole, sono quelli a maggior capacità, e servono a rifornire di energia i sistemi ad alto assorbimento come scudi, phaser e deflettore di navigazione.
I giunti di tipo II hanno differenti capacità, sia alta che bassa, e servono ad alimentare sistemi con specifiche speciali come i ponti ologrammi (alta capacità), i replicatori (alta capacità) e gli apparati di comunicazione (sia alta che bassa capacità).
I giunti di tipo III, infine, sono a bassa capacità e servono ad alimentare sistemi a basso consumo: luci, gravità, supporto vitale.
I giunti di tipo II e III si trovano, a intervalli regolari, lungo tutto il percorso dei condotti di trasferimento.

Dispositivi di raffreddamento del nucleo

Quasi tutto il sistema di generazione di energia basato sulla reazione m/am è un apparato “caldo”: dai 13.8°K del serbatoio del deuterio si passa ai 2.5 milioni del plasma di curvatura.
A queste temperature, presenti sia nella camera di reazione che nei condotti di trasferimento, non possono far fronte i soli campi magnetici di contenimento: per questa ragione viene utilizzato un fluido refrigerante – altamente tossico e corrosivo per la materia organica – che rimuove il calore in eccesso consentendo ai dispositivi di contenimento di operare in un regime ottimale di temperature.
La Flotta Stellare utilizza due differenti tipologie di impianti di raffreddamento: il cosiddetto “sistema non-anulare” e il cosiddetto “sistema anulare”.

Il primo sistema, “non-anulare”, è più efficiente del secondo e viene utilizzato a bordo dei vascelli più grandi, richiedendo maggior spazio.
In questa configurazione il nucleo è affiancato da uno o due condotti di trasferimento del refrigerante, che mantengono in circolo il fluido spingendo quello caldo verso le unità di raffreddamento e quello refrigerato verso i sistemi “caldi”. Analoghi sottosistemi sono dislocati lungo l’intero percorso dei condotti del plasma.
Questo sistema di refrigerazione non entra mai in contatto diretto con i dispositivi di trasferimento del plasma, limitandosi a mantenere a temperature operativamente ottimali i sistemi di supporto.

Il secondo sistema, “anulare”, viene utilizzato sui vascelli con minore disponibilità di spazio.
In questo caso il fluido refrigerante non utilizza sistemi e sottosistemi separati, ma è contenuto fra gli stati esterni dei segmenti toroidali di confinamento, sia del reattore che dei condotti di trasferimento.
Anche se occupa meno volume, questo sistema è leggermente meno efficiente del precedente sia perché il fluido disperde meno calore, sia perché il fluido stesso interagisce direttamente con le aree che trasportano il plasma, abbassandone un poco la temperatura.
Questo sistema è detto “anulare” perché si presenta come un anello che circonda tutto il nucleo. Un effetto secondario dell’utilizzo di questo sistema è che non è possibile utilizzare gas diodici per il controllo visivo dell’iniezione m/am né per la peristalsi del plasma; comunque, il movimento dei gas refrigeranti è direttamente correlato all’energia prodotta dal sistema e – a detta di molti ingegneri – si può imparare a capire “come sta un motore” semplicemente osservando il movimento del fluido refrigerante.

Dispositivi di sicurezza

Relativamente ai sistemi di generazione di energia a bordo di una nave stellare, i dispositivi di sicurezza, le procedure e i sistemi di gestione delle emergenze sono ovviamente diversi a seconda che si abbia a che fare con materia, con antimateria o con plasma energizzato.

I sistemi che hanno a che fare con il deuterio non richiedono particolari dispositivi di sicurezza, se non in relazione alla temperatura (13.8 °K, ovvero quasi 260 °C sotto zero): ispezioni, sostituzione di manicotti od operazione di riempimento, trasferimento o svuotamento dei serbatoi vengono di solito effettuati tramite teleoperazioni e bracci robotizzati; solo in caso si renda necessario un controllo umano diretto gli operatori intervengono indossando tute extraveicolari coibentate.

In caso di perdite del sistema, per danni ai serbatoi o ai condotti di trasferimento, la Procedura Operativa Standard (POS) prevede semplicemente che il deuterio venga scaldato a temperatura ambiente, miscelato con l’ossigeno ambientale per produrre D2O, acqua pesante (il che avviene senza bisogno di alcun intervento) e aspirato con normali pompe idrovore.

I sistemi che hanno a che fare con l’antimateria sono, per la natura stessa della sostanza in gioco, molto più complessi.
Come si è più volte evidenziato, la materia e l’antimateria interagiscono sempre in maniera esplosiva, generando un forte rilascio di energia (non meno di 100 volte l’equivalente di una esplosione nucleare, a parità di quantità di sostanza coinvolta); appare quindi chiaro come qualsiasi fuga di antimateria sia potenzialmente distruttiva per una nave e per il suo equipaggio.

Il livello di protezione è dato, in questo caso, dai campi magnetici di confinamento, che impediscono che l’antimateria venga a contatto con le superfici dei serbatoi, dei condotti di trasferimento o dei segmenti costrittori del nucleo a curvatura.
In caso di imminente cedimento di uno di questi campi di contenimento l’intero sistema interessato può venire espulso dalla nave: serbatoi dell’antidrogeno, segmenti dei condotti di trasferimento, perfino l’intero nucleo a curvatura.
Ciascuno di questi elementi è dotato di batterie tampone, in grado di assicurare alcuni secondi di mantenimento del campo magnetico durante le procedure di espulsione, per dare modo alla nave di allontanarsi dal punto di detonazione.

Il plasma ad alta energia generato dalla camera di reazione deve essere anch’esso trattato con estrema cautela: a differenza dell’antidrogeno non interagisce con il resto della nave in maniera esplosiva, ma la sua temperatura operativa superiore ai 2.5 milioni °K lo rende impossibile da controllare in caso di fuoriuscita dai condotti appositamente costruiti.

Nel caso di perdita di plasma all’interno dello scafo della nave non c’è altra soluzione che lasciare che il plasma stesso si “scavi” una via di fuga verso l’esterno dello scafo: saranno poi l’assenza di pressione e la temperatura del vuoto interstellare a raffreddarlo fino a renderlo inoffensivo.

Una perdita di plasma all’interno della Sala Macchine di una nave può essere contrastata anche aprendo le valvole del refrigerante e lasciando che questo fluido invada i locali, abbassando la temperatura del plasma stesso.
Questa operazione è consigliabile solo nel caso in cui il plasma minacci di fondere i sistemi di contenimento dell’antimateria: richiede che il nucleo venga spento, tutta l’antimateria presente nel sistema pompata nuovamente nei serbatoi di contenimento, e che l’intero equipaggio coinvolto indossi tute extraveicolari coibentate.

Una perdita di plasma all’interno delle gondole crea invece poco danno, nonostante la spettacolarità dell’incidente, perché le gondole sono costruite in modo da poter ventilare nel vuoto l’eventuale eccesso di plasma; le gondole si troveranno così circondate da un alone vaporizzato di plasma altamente luminescente, ma ad una temperatura sufficientemente bassa da non costituire pericolo per la struttura delle gondole stesse.

Dispositivi di rifornimento di emergenza

Il rifornimento di materia e antimateria di una nave stellare è previsto in concomitanza con le soste programmate per la manutenzione in una Base Stellare. In caso di necessità, le stesse navi che trasportano deuterio e antidrogeno alle basi stellari possono anche rifornire, per così dire “in volo”, una nave.

In situazioni di emergenza, poi, è previsto che un vascello della Flotta possa provvedere da solo al rifornimento dei propri serbatoi; anche se questa procedura si traduce in una perdita effettiva di energia (se ne consuma cioè più di quanta se ne produce) può non di meno essere indispensabile per mantenere la capacità di volo a curvatura.

La raccolta del deuterio può avvenire in due modi: tramite i Collettori Bussard e tramite un teletrasporto di precisione.
I Collettori Bussard sono in grado, operando congiuntamente al deflettore principale, di “aspirare” dallo spazio interstellare molecole di idrogeno e di altre sostanze, nonché particelle libere. Un apposito dispositivo, detto Frazionatore a Ciclo Continuo, provvede poi a frantumare e ricombinare le molecole aspirate dai collettori, generando deuterio che viene inviato dapprima a sistemi di raffreddamento criogenico e poi al serbatoio o ai serbatoi di stoccaggio.

Un secondo sistema di raccolta del deuterio si basa sulla presenza di questo elemento in natura: nuclei di comete, sacche atmosferiche su pianeti di classe J, perfino sacche in fondo agli oceani dei mondi di classe M. in tutti questi casi un teletrasporto di precisione – una volta individuata la presenza del deuterio – provvede a prelevarlo e rimaterializzarlo all’interno dei sistemi di raffreddamento criogenico, da dove verrà poi inviato ai serbatoi di stoccaggio.

La raccolta dell’antimateria non può avvenire allo stesso modo della raccolta della materia, per la semplice ragione che il nostro universo non contiene antimateria allo stato libero.
Per ovviare al problema si utilizza una variante del metodo “Collettore Bussard”; i collettori aspirano, anche in questo caso, idrogeno dal vuoto interstellare, lo depurano da altre particelle o molecole, e lo inviano ad un dispositivo chiamato Dispositivo Quantico di Inversione di Carica, che trasforma l’idrogeno in antidrogeno prima di inviarlo ai serbatoi di raccolta.
Il DQIC è in grado anche di trattare deuterio proveniente dai serbatoi della nave: in questo caso prima trasforma il deuterio in idrogeno, liberandolo dei neutroni in eccesso, poi lo trasforma in antidrogeno.

In entrambi i casi il processo è terribilmente dispendioso: ogni 10 molecole di deuterio/idrogeno se ne ricava una sola di antidrogeno; non di meno, poiché l’antimateria è indispensabile per il funzionamento dei motori a curvatura, le navi sono equipaggiate per creare questa sostanza.

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