USS SELEYA

L'ANTIMATERIA

Introduzione
Storia
Produzione dell'antimateria

Antimateria come carburante
Esistenza dell'antiuniverso
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Introduzione

Particelle che si annichilisconoL'antimateria è la materia composta dalle antiparticelle corrispondenti alle particelle che costituiscono la materia ordinaria: ad esempio, un atomo di antidrogeno è composto da un antiprotone caricato negativamente attorno al quale orbita un positrone (antielettrone) caricato positivamente.
Se una coppia particella/antiparticella viene a contatto le due si annichiliscono emettendo radiazione elettromagnetica.

Cosa intendiamo esattamente quando affermiamo che le antiparticelle hanno carica uguale ma opposta alle particelle?
In realtà per "carica" si intende tanto la carica elettrica - che determina il comportamento di due particelle che si attraggono o respingono per effetto dell'interazione elettromagnetica - quanto caratteristiche analoghe, come la carica di colore che determina il comportamento delle particelle nelle interazioni nucleari forti.

Dunque particelle e antiparticelle, avendo massa uguale, si comportano in modo identico sotto l'effetto della forza di gravità, ma si comportano in modo opposto per quanto riguarda tutte le altre forze fondamentali.

Di cruciale importanza è il fatto che quando particelle ed antiparticelle entrano in contatto fra loro, tendono molto rapidamente ad annichilirsi, ovvero a fondersi l'una con l'altra, trasformando tutta l'energia in loro possesso in radiazione elettromagnetica: una forma di energia analoga alla luce ed alle onde radio ma di intensità molto maggiore.
Si tratta di una delle più spettacolari evidenze del fatto che la massa (e dunque la materia) non è altro che una particolare forma di energia, come previsto dalla teoria di Einstein.

L'annichilazione fra particelle e antiparticelle è il motivo per cui, in un Universo come il nostro, dove domina la materia, è molto difficile osservare l'antimateria. Tuttavia, sotto certe condizioni questo processo può essere invertito, cioè possono crearsi coppie di particelle ed antiparticelle a partire da radiazione elettromagnetica di sufficiente energia.
La creazione di coppie di particelle ed antiparticelle avviene spontaneamente quando una radiazione sufficientemente energetica attraversa la materia, cosa che permise ad Anderson di osservare l'antielettrone nel 1932. Tale fenomeno oggi viene regolarmente riprodotto in laboratorio per creare artificialmente antiparticelle.

Storia

Atomo con le sue particelle subatomicheTutta la materia che ci circonda è formata da atomi: sistemi composti da particelle di carica elettrica negativa (elettroni) orbitanti attorno ad un nucleo centrale di carica elettrica positiva (neutroni, neutri e protoni, positivi)

Ma è stato sempre così? Questo quesito è all'origine di uno dei problemi più affascinanti della fisica moderna.

Le leggi matematiche con cui i fisici descrivono la struttura dell'atomo prevedono che, oltre alla materia ordinaria, esista anche un'altra forma di materia: la cosiddetta antimateria, formata da antiparticelle del tutto identiche a quelle che ci circondano salvo per il fatto di avere cariche opposte.

L'antimateria comprende ad esempio antielettroni, uguali agli elettroni ma dotati di carica elettrica positiva, antinuclei dotati di carica negativa, e così via. Queste antiparticelle sono prodotte quasi quotidianamente nei laboratori di alte energie. Eppure nell'Universo che conosciamo non c'è traccia di antiatomi e, ancor meno, di una sorta di mondo alla rovescia, con pianeti e galassie fatti di antimateria.
Da quasi 50 anni fisici e cosmologi sono impegnati a capire perché attualmente l'antimateria sia quasi totalmente assente.

L'antimateria è uno dei concetti rivoluzionari nati nei primi trenta anni del '900, esaltante periodo in cui si gettarono le basi della fisica moderna. A ipotizzarne l'esistenza fu nel 1928 Paul Dirac, alla ricerca di una teoria che conciliasse i principi della meccanica quantistica con quelli della relatività ristretta.
La teoria della relatività ristretta, formulata da Albert Einstein all'inizio del secolo, portò i fisici ad unificare i concetti di spazio e di tempo e, allo stesso tempo, cambiò radicalmente la descrizione dei fenomeni che avvengono alle alte energie, ovvero a velocità comparabili a quella della luce.

In un ambito del tutto indipendente - quello della fisica atomica - nasceva pochi anni dopo la meccanica quantistica, formulata matematicamente da Erwin Schrodinger e Werner Heisenberg.
Questa seconda rivoluzione, forse ancor più straordinaria di quella di Einstein, portò ad una nuova concezione delle particelle subatomiche, considerate ora entità con caratteristiche comuni sia alle onde che ai corpuscoli.

Alla fine degli anni '20, il non ancora trentenne Paul Dirac era impegnato a trovare una teoria in grado di descrivere il comportamento delle particelle subatomiche anche ad alte energie. Questa ricerca portò il giovane scienziato alla formulazione della meccanica quantistica relativistica, teoria che attualmente descrive con successo il comportamento di tutte le particelle note.

Nel 1928 Paul Dirac sviluppò una equazione relativistica per l’elettrone, conosciuta ora come Equazione di Dirac. Curiosamente, si scoprì che questa equazione aveva soluzioni non solo in caso di energia positiva, come ci si aspettava, ma anche di energia negativa.
Questa soluzione presentava però un problema: poiché l’elettrone tende verso il più basso livello di energia possibile, una energia negativa infinita era un non senso.

Cercando una soluzione a questo problema, Paul Dirac propose che il vuoto fosse considerato come un “mare” di energia negativa, il Mare di Dirac: ogni elettrone “galleggiava” in realtà al di sopra di questo mare.

Sviluppando ulteriormente il concetto, Dirac scoprì che un “buco” in questo mare avrebbe avuto una carica positiva; dapprima pensò di poter identificare questo buco con il protone, che ha carica positiva, ma Hermann Weyl dimostrò che il buco aveva la stessa massa dell’elettrone.

Quando nel 1928 Paul Dirac ipotizzò l'esistenza dell'antimateria, furono in molti a restare perplessi: si trattava infatti di un concetto troppo rivoluzionario per essere accettato facilmente.

Nel 1932 però accadde qualcosa di sorprendente: Carl Anderson, un giovane fisico del California Institute of Technology, riuscì a fornire una evidenza concreta dell'esistenza dell'antimateria.
La scoperta avvenne nel corso di un esperimento volto a studiare la natura dei Raggi Cosmici, il flusso di particelle provenienti dallo spazio che ad ogni istante colpisce il nostro pianeta.
In particolare, l'esperimento analizzava le tracce lasciate dalle particelle nell'attraversamento di una camera a nebbia (un apparato costituito sostanzialmente da una camera piena di vapore, in cui il passaggio di una particella carica viene visualizzato dall'apparire di una scia di bollicine).

Fra tante tracce ordinarie, Anderson ne identificò una particolare, che corrispondeva al passaggio di una particella con massa uguale all'elettrone ma carica elettrica opposta, cioè positiva: era il primo segno tangibile dell'esistenza dell'antielettrone, che oggi chiamiamo positrone.

Da allora le evidenze sperimentali dell'esistenza dell'antimateria si sono succedute a ritmo crescente ed attualmente la creazione di antiparticelle è un fenomeno di routine in numerosi laboratori di alte energie di tutto il mondo.

Il moderno modello standard mostra come ogni particella abbia un’antiparticella, che ha proprietà quantistiche opposte a quelle delle particelle della materia ordinaria. Il segno “inverso” (positività per l’antielettrone, negatività per l’antiprotone) si applica solo alle quantità quantistiche (proprietà) che siano additive, come ad esempio la carica, ma non a quelle non additive, come ad esempio la massa: il positrone ha quindi la stessa massa ma carica invertita rispetto all’elettrone, così come un atomo di antidrogeno ha un positrone che orbita attorno ad un nucleo composto da un antiprotone.

NOTAZIONE

I fisici hanno bisogno di usare una notazione particolare per distinguere la materia ordinaria dall’antimateria.
Una soluzione utilizzata è quella di sovrascrivere una barretta sopra la lettera che denota la particella: così, “ē” denota l’elettrone, mentre “e” denota il positrone.
Un’altra soluzione utilizzata è quella di indicare la carica di fianco al simbolo della particella: così l’elettrone viene scritto come e-, mentre il positrone diventa e+.

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