SISTEMI DI PROPULSIONE PRE-CURVATURA
È impossibile determinare quando una razza senziente decida di voler raggiungere le stelle: probabilmente fin dal primo momento in cui alza gli occhi al cielo e si domanda cosa siano quelle strane luci tremolanti; sicuramente quando il progresso scientifico e tecnologico gliene mostrano la concreta fattibilità.
È impossibile determinare quando, ma quasi ogni razza senziente segue uno stesso cammino, un crescendo che sui mondi di classe M attraversa alcune fasi ben determinate.
Il primo passaggio è normalmente rappresentato dalla scoperta che esistono gas più leggeri dell'aria: idrogeno, elio, la stessa atmosfera riscaldata. Questo porta alla costruzione di palloni aerostatici sempre più sofisticati, di dirigibili e aeronavi, che vengono non solo utilizzati per il trasporto di persone e merci, ma vengono inviati sempre più in alto a studiare la composizione dell'atmosfera.
Questi primi studi mostrano due cose importanti: che mano a mano che si sale
l'atmosfera si fa più rarefatta (quindi esiste un limite all'ascensione
dei palloni), e che l'atmosfera ha una consistenza: è cioè in
grado di generare una forza portante.
Una ulteriore conseguenza di queste osservazioni, che però attiene
più la fisica che l'ingegneria, è la deduzione che se l'atmosfera
diminuisce con il crescere dell'altezza dal suolo allora fra i vari mondi
che ruotano nello spazio deve esistere il vuoto.
La conoscenza della capacità portante dell'aria porta allo sviluppo
di apparati di volo "più pesanti dell'aria": in fin dei conti,
si tratta di generare tramite movimento la portanza necessaria, simulando
quanto il vento fa ogni giorno con le foglie e gli aquiloni.
I primi velivoli sono di solito costruiti in materiali naturali, facilmente
reperibili, come legno e pelli o tessuti, mossi da motori a combustione interna
e sospinti da eliche.
In questo campo la tecnica costruttiva tende a procedere molto velocemente
e di solito in capo a pochi decenni si costruiscono velivoli con struttura
in leghe composite, mossi da motori a turbina o a razzo.
Proprio i propulsori a razzo forniscono la chiave per le prime esplorazioni spaziali: sfruttando il principio azione/reazione, una volta superato il problema del "peso al decollo" grazie allo sviluppo di sistemi multistadio, i primi razzi alimentati da miscele di idrogeno e ossigeno liquidi, spesso affiancati da carburanti solidi in grado di fornire spinte supplementari nei primi momenti di volo, cominciano a raggiungere l'orbita bassa attorno al pianeta (fra i 200 e i 300 km di quota), dove vengono inviati i primi satelliti, i primi animali e, infine, i primi astronauti.
Se un pianeta possiede una o più lune, queste diventano il logico obiettivo per il passo successivo: l'esplorazione degli altri mondi del sistema. Ogni sistema presenta peculiarità proprie, e il cammino è spesso determinato dalla tipologia degli altri pianeti e dei corpi celesti presenti nel sistema: realtà ricche di fasce asteroidali porteranno ad enfatizzare l'esplorazione mineraria, uno o più altri mondi di classe M genereranno una spinta alla colonizzazione, pianeti non abitabili spingeranno ad approfondire la ricerca scientifica. È in questa fase, comunque, che il sistema comincia ad affollarsi di stazioni, navi, satelliti di comunicazione o di avvistamento e altro ancora.
È sempre in questa fase che gli scienziati aerospaziali iniziano a cercare forme di propulsione più efficienti: i propellenti chimici infatti, come idrogeno e ossigeno liquidi, forniscono l'apporto richiesto solo finché si resta in ambito locale (l'orbita del pianeta madre o, al massimo, il tragitto fra il pianeta e le sue lune). Usare queste sostanze per alimentare navi che raggiungano altri pianeti ha come contropartita la lunghezza del viaggio, che di solito si misura in mesi se non in anni. Questi sistemi chimici, inoltre, sono assolutamente inefficienti qualora si desideri cominciare ad esplorare i sistemi stellari vicini.
In questa fase vengono di solito prospettate varie soluzioni: spinte gravitazionali, propulsione ionica, vele solari, detonazioni nucleari, fusione materia/antimateria, animazione sospesa. Vediamole brevemente.
Il primo sistema in assoluto che viene utilizzato per accelerare un veicolo
spaziale è quello noto come fionda gravitazionale:
un veicolo non viene lanciato direttamente verso la sua destinazione, ma verso
un corpo con una massiccia attrazione gravitazionale, attorno al quale percorre
un'orbita guadagnando energia, cioè spinta supplementare.
Se ripetuto alcune volte attorno ai principali corpi di un sistema stellare,
questo modo di guadagnare energia produce velocità finali considerevoli,
talmente elevate che in effetti è il primo sistema che viene utilizzato
quando si cominciano a spedire sonde verso i pianeti più esterni o
verso altre stelle.
Il vantaggio del sistema è evidente: si guadagna velocità senza
aver bisogno di alcuna massa di carburante
supplementare. Purtroppo, è altrettanto evidente lo svantaggio: nelle
prime fasi del viaggio la velocità è molto bassa; oltretutto,
si trascorre molto tempo a passare da un pianeta all'altro senza in effetti
avvicinarsi alla propria destinazione. Inoltre, tutto il sistema si basa su
calcoli complessi e predeterminati: è sufficiente che intervenga una
variazione nel corso del viaggio - anche solo un piccolo impatto micrometeoritico
- perché il velivolo vada irrimediabilmente fuori rotta.
Un altro sistema che viene di solito studiato è quello noto come propulsione ionica: una piccola carica elettrica genera l'emissione di ioni da
parte di un materiale appositamente installato, e questi ioni forniscono -
in base al processo azione/reazione - una spinta al veicolo spaziale.
Di solito questo sistema è però in grado di fornire una spinta
costante ma debole e per raggiungere velocità apprezzabili sono necessari
lunghi tempi di accelerazione (e di decelerazione, una volta giunti a destinazione).
Il concetto di vela solare sfrutta, in maniera esotica, una conoscenza dell'astrofisica: ogni stella emette un flusso di fotoni con una ben determinata massa; in altre parole, ogni stella genera un "vento solare" che, proprio come i venti su un pianeta, può essere usato per muovere una nave "a vela".
Il concetto è affascinante, soprattutto perché questo tipo di propulsione non richiede che la nave porti con sé alcuna scorta di carburante se non quello, eventualmente, per piccole manovre, ma si scontra - come la propulsione ionica - con la bassa spinta specifica del sistema, che contrasta con la necessità di trasporti non solo efficienti ma anche veloci.
Comunque, questo sistema di trasporto è uno dei più utilizzati agli albori dell'esplorazione del sistema natale, specialmente in combinazione con apparati che emettono forti scariche laser che sostituiscono il vento solare e permettono accelerazioni e decelerazioni più marcate. Se come motori di manovra si usano poi dei piccoli propulsori ionici (la loro bassa spinta li rende ideali per le manovre di precisione), le navi a vela solare si rivelano un ottimo sistema per chi non ha molta fretta.
L'idea di utilizzare detonazioni nucleari per spingere una piccola nave nasce, di solito, come corollario dei tentativi di eliminare un certo quantitativo di armi nucleari dagli arsenali del pianeta. L'idea di base è che una esplosione che avvenga lontano dalle zone abitate di una nave e - naturalmente - nel vuoto dello spazio, genererebbe una spinta molto maggiore di quella data da sistemi chimici. Di solito non viene posta in essere a causa dei gravi rischi di detonazione accidentale durante le fasi di installazione delle testate sulla nave; inoltre l'elevata temperatura che si registrerebbe nella zona di esplosione, nonostante il freddo assoluto dello spazio e la direzione del cono di esplosione verso l'esterno, quasi certamente fonderebbe le paratie di protezione contaminando la nave e uccidendo l'equipaggio.
Una variante di questo sistema è il cosiddetto propulsore NERVA (Nuclear Engine for Rocket Vehicle Application: vedi immagine), che si basa sul principio di riscaldamento di un fluido, indotto da materiale nucleare fissile, per generare la spinta necessaria. Anche se questo sistema si rivela più efficiente di un propulsore chimico i rischi di contaminazione dovuti ad incidenti sono di solito ritenuti troppo elevati.
La fusione materia/antimateria viene studiata per la possibilità che essa offre di fornire plasma ad elevatissima energia (a parità di quantità questa energia è più di 100 volte superiore a quella sprigionata da una esplosione nucleare) che può essere utilizzato per fornire una spinta vigorosa e una buona capacità di manovra. Purtroppo, almeno ai primi stadi di sviluppo di questa idea, l'antimateria è costosissima e molto difficile da produrre e confinare, per cui l'idea viene abbandonata.
L'ultima delle soluzioni che vengono escogitate non è, propriamente,
un sistema di propulsione quanto un sistema per attenuare i problemi a carico
degli essere senzienti che viaggiano con velivoli lenti: l'animazione
sospesa, o sonno criogenico.
Questo sistema non serve ad accelerare la nave ma permette di non far percepire
la lunghezza del viaggio al personale imbarcato, che a tutti gli effetti "dorme"
tutto il tempo; inoltre, un equipaggio in animazione sospesa non ha bisogno
di cibo, acqua e aria se non in quantità ridottissime, e questo si
traduce in un minor affaticamento delle strutture della nave e in una minore
quantità di materiale da trasportare, che a sua volta significa meno
massa quindi più accelerazione e velocità a parità di
spinta.
Tutte le soluzioni sopra esposte, per una ragione o per l'altra, non vengono incontro alla richiesta di base: un sistema semplice, affidabile ed efficiente per spingere velocemente una nave spaziale o stellare.
Questo ostacolo viene superato solo quando una civiltà effettua una
scoperta fondamentale: la propulsione senza espulsione di massa, o propulsione
ad inerzia variabile.
Che si chiami, come sulla Terra,
Propulsore di Mach o, come su Vulcano,
Motore di Karatek, la Federazione
la chiama semplicemente Propulsione
ad Impulso.