FUSIONE NUCLEARE FREDDA - 1
Storia
La fusione fredda divenne improvvisamente famosa il 23 marzo 1989, quando i chimici Stanley Pons (della Università dello Utah, USA) e Martin Fleischmann (dell'Università di Southampton, Inghilterra) annunciarono alla stampa di essere riusciti a realizzarla. Altri gruppi annunciarono risultati analoghi, ma poco dopo iniziarono ad arrivare notizie negative, e dopo pochi mesi la maggior parte degli sperimentatori negava che le reazioni avessero luogo. Pons e Fleischmann ottennero energia in eccesso da una cella elettrolitica con due elettrodi di Platino (+) e Palladio (-), che non poteva avere origini elettrochimiche, fondendo deuterio ed ottenendo elio. La natura nucleare di quest'energia fu confermata, nel 2002, dai laboratori italiani dell'Enea.
Secondo Fleischmann e Pons ciò è dovuto alle particolari proprietà del Palladio che, fungendo da catalizzatore, costringe i nuclei degli atomi di Deuterio a stare tanto vicini da fondersi.
Infatti, i due ipotizzarono che l'eccesso di calore prodotto non era attribuibile ad una reazione chimica nota ma ad una reazione nucleare e poiché la soluzione elettrolitica conteneva Deuterio considerarono plausibile la fusione di due nuclei dello stesso.
I risultati principali dei loro esperimenti furono che le celle elettrolitiche avevano prodotto una potenza di 4 Watt contro 1 Watt fornito, con un rendimento quindi del 400%, e che i neutroni sono stati prodotti con un ritmo di circa 40.000 al secondo (per i detrattori della fusione fredda, per poter parlare di vera e propria fusione i neutroni prodotti per secondo dovrebbero essere almeno mezzo miliardo).
In seguito altri, ripetendo gli esperimenti dei due elettrochimici, giunsero a risultati simili, dove la rilevazione dei neutroni prodotti era affidata a due metodi diversi: la via elettrolitica o "umida" (adottata da Fleischmann e Pons) e la via del "caricamento gassoso" o "secca" (avviata nei laboratori dell'ENEA di Frascati) in cui si propone di caricare il Deuterio sotto forma di gas nel Palladio. Si notò però ben presto che la via elettrolitica rispetto a quella secca aveva il vantaggio di una maggiore facilità nel caricamento del Deuterio nel Palladio, dovuta al fatto che il meccanismo dell'elettrolisi alla superficie degli elettrodi, responsabile della penetrazione dei nuclei di Deuterio all'interno del reticolo cristallino del Palladio, equivale ad una pressione di molte migliaia di atmosfere, cosa difficilmente raggiungibile con il caricamento gassoso.
Va però detto che gran parte della comunità scientifica internazionale accolse con molte polemiche i risultati sperimentali e tuttora permangono scetticismo e sfiducia.
I maggiori dubbi avanzati dalla comunità scientifica sono legati alla
reazione di fusione tra i due nuclei di Deuterio. Infatti, in esperimenti
condotti in condizioni di quasi-vuoto (cioè non in presenza di materia
condensata come per il Palladio), si verificò che nella reazione tra
due nuclei di Deuterio nel 50% dei casi si hanno come prodotti Neutrone +
Elio-3, nell'altro 50% si hanno Protone + Trizio; infine, con una bassissima
probabilità (una su un milione) si hanno Elio-4 + raggi Gamma + calore.
Invece, in molti esperimenti sulla fusione fredda è stata rilevata
una debolissima traccia di Neutroni e di Trizio, mentre risulta essere di
gran lunga dominante la reazione in cui si ha produzione di Elio-4.
In altre parole i "fusionisti caldi" sostengono che nella fusione fredda si producono un numero di particelle nucleari troppo basso per poter giustificare il calore prodotto, mentre per i "fusionisti freddi" la sola presenza di calore basta ad ipotizzare una reazione nucleare (dato che l'energia da questa prodotta segue la formula di Einstein).
Un ulteriore motivo di polemica scaturisce dal fatto che la produzione di Elio-4 non è accompagnata dall'emissione di raggi Gamma, cosa che invece avviene nella fusione "calda".
La fusione fredda continua ad essere oggetto di ricerca in alcuni Paesi, tra cui l'Italia. Il gruppo italiano di De Ninno e di Frattolillo, guidati dal professor Scaramuzzi, realizzò un esperimento utilizzando il titanio al posto del palladio e dimostrò che quando il titanio assorbe a bassa temperatura gas deuterio, si verifica un surplus di energia e sono emessi neutroni. Lo stesso gruppo di ricercatori ha dimostrato, tramite un successivo esperimento, la produzione di Elio-4 dalla cella elettrolitica costituita da un catodo di palladio e da un anodo di platino immersi in acqua pesante.
Futuro della fusione fredda
A tutt'oggi il problema più immediato della fusione "fredda" resta quello della riproducibilità, non solo per un fatto di applicazione delle eventuali potenzialità tecnologiche, ma ancor più per un migliore studio del fenomeno.
Una delle teorie più solide fu enunciata da un docente di Fisica Nucleare
dell'Università di Milano, Giuliano Preparata, che elaborò la
sua "Teoria coerente sulla fusione fredda".
Tale teoria si basa sull'elettrodinamica quantistica (QED) nella materia condensata.
Secondo i libri di testo la materia consiste in un insieme numerosissimo di
sistemi elementari (come atomi, molecole, ecc.) tenuti insieme da forze elettrostatiche,
come la forza di Coulomb, caratterizzate da un cortissimo raggio d'azione;
le forze elettrodinamiche, invece, hanno la caratteristica di esercitarsi
a grandi distanze e pur essendo deboli fra due corpi, suppliscono a tale limitazione
con enormi fattori di amplificazione dovuti alla loro natura cooperativa (o
coerente).
Preparata, con la sua teoria, accostò tali forze all'analisi teorica della materia riuscendo a giustificare i meccanismi dei risultati sperimentali di Fleischmann e Pons.
Comunque per poter fugare qualsiasi dubbio si attende la presentazione di un dispositivo in grado di fornire una potenza adeguata almeno ad un uso domestico e benché ciò sia stato più volte annunciato ancora non c'è nulla di certo.
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