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INCIDENTI CAUSATI DALLA FISSIONE NUCLEARE - 2

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Chernobyl

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Chernobyl

Chernobyl ( in lingua ucraina, in russo) è il nome di una città dell'Ucraina settentrionale vicino al confine con la Bielorussia, a circa 100 km a Nord di Kiev, con una popolazione di circa 44.000 abitanti.
È stato un importante centro industriale e commerciale in particolare nel XIX secolo. Il suo nome in ucraino significa Artemisia.

Il nome di Chernobyl (allora sconosciuta cittadina dell'Unione Sovietica) divenne famoso in tutto il mondo il 26 aprile del 1986 quando, in seguito ad un incidente, esplose il reattore numero 4 della locale centrale nucleare.

In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero la Scandinavia e alla parte occidentale dell'URSS. Nei giorni seguenti, una nube radioattiva contaminò buona parte dell'Europa, Italia compresa. Nelle settimane successive, gran parte dell'area di Chernobyl dovette essere abbandonata dalla popolazione residente. Le conseguenze sulla popolazione locale furono molto forti nelle prime fasi dell'incidente e dureranno ancora per decenni.
Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 200.000 persone. Nonostante la radiazioni emesse durante quella catastrofe, la città, con 800 anni di vita, riuscì a sopravvivere, anche se mutilata.
Allo stato attuale, vi risiedono ancora operai governativi, impegnati nella rimozione delle scorie nucleari. Circa 700 persone, per lo più anziani, hanno scelto di tornare alle loro case, incuranti del pericolo.
Le repubbliche, adesso separate, di Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione ed è alta l'incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti della zona colpita.


La centrale di Chernobyl è situata vicino all'insediamento di Pripyat, in Ucraina, 18 km a nord-ovest della città di Chernobyl e 110 km a nord della capitale Kiev; dista 16 km dal confine con la Bielorussia. L'impianto era composto da quattro reattori, ognuno in grado di produrre 1 GW di energia elettrica (3.2 gigawatt di energia termica); i quattro reattori, insieme, producevano circa il 10% dell'elettricità ucraina.

La costruzione dell'impianto iniziò negli anni '70; il reattore n° 1 fu commissionato nel 1977 e fu seguito dai reattori 2 (1978), 3 (1981), e 4 (1983). Altri due reattori (i n° 5 e 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.
I reattori erano di tipo RBMK-1000, un reattore a canali, moderato a grafite e refrigerato ad acqua. Una caratteristica di questo reattore è quella di operare a coefficiente di vuoto positivo. Praticamente, con l'aumentare della temperatura, la reazione nucleare anziché fermarsi diverge.
Tale caratteristica è vietata nei reattori occidentali per motivi di sicurezza. Infatti se manca il liquido refrigerante, il reattore deve essere in grado di spegnersi automaticamente, senza interventi umani o di mezzi meccanici.

Questo tipo di reattore produce una potenza di circa 3200 MW termici, producendo 1000 MW elettrici. L'idea di base di questo reattore era la produzione di elettricità per uso civile e di plutonio ad uso militare. A tale scopo, per aumentare l'efficenza del sistema, ogni caratteristica era volta a questo fine, anche a costo di diminuirne la sicurezza.
Innanzitutto la scelta della grafite come moderatore: questa sostanza viene utilizzata per moderare i neutroni e soprattutto per facilitare la produzione di Plutonio 239. Nei reattori civili occidentali si utilizzano leghe in zirconio. Gli inglesi per le loro centrali utilizzavano grafite, ma utilizzando come refrigerante gas inerti, come anidride carbonica o elio.
Per migliorare il trasferimento termico il reattore è a canali. Simile idea del reattore a canali è praticata anche dai canadesi nel loro reattore (CANDU). Tuttavia il progetto sovietico non teneva conto di contenere i tubi in altri tubi per motivi di sicurezza. Infine viene utilizzata acqua naturale, per semplificare il progetto e per produrre direttamente vapore da convogliare alle turbine, senza circuiti intermedi. L'acqua e la grafite ad alte temperature reagiscono, liberando idrogeno.

Il 26 Aprile 1986 alle ore 01:23:58 locali, nel corso di una prova, definita di sicurezza, in cui si voleva verificare se la turbina potesse continuare a produrre energia per inerzia anche quando il circuito di raffreddamento fosse stato incapace di produrre vapore, vennero disabilitati alcuni circuiti di emergenza, l'impianto di raffreddamento secondario e poi quello principale.
In manuale si tentò lo spegnimento del quarto reattore.
Entrato in zona di instabilità dopo pochi secondi, emise una potenza di circa 100 volte superiore a quella di targa: 100GW.
La temperatura del reattore raggiunse i 700°C e l'acqua reagì con la grafite, iniziò a decomporsi in idrogeno ed ossigeno dando inizio all’esplosione. Questa distrusse tutte le parti in muratura del reattore e liberò nell’aria tonnellate di materiali radioattivi, in gran parte residui di combustione atomica. La centrale non era dotata di un edificio di contenimento, atto a prevenire anche le fughe più catastrofiche di elementi radioattivi.

Cercando di limitare la portata del disastro le autorità sovietiche inviarono immediatamente sul posto delle squadre di pulizia. Vigili del fuoco furono mandati sul luogo dell'incidente per provare ad estinguere l'incendio sebbene non fossero stati avvisati di quanto fossero pericolosi i fumi radioattivi che si sprigionavano dal reattore esploso.
Nei mesi successivi molte persone, in gran parte membri dell' esercito e altri lavoratori, furono coinvolte nei lavori di pulizia e di messa in sicurezza del sito. Anche in questo caso, come in quello dei pompieri accorsi subito dopo l'incidente queste persone non erano state informate sui rischi e non avevano dispositivi di sicurezza, non erano nemmeno disponibili tute protettive. I detriti radioattivi più pericolosi furono radunati dentro quello che rimaneva del reattore; il reattore stesso fu coperto con sacchi di sabbia lanciati da elicotteri (circa 5.000 tonellate di sabbia durante la settimana successiva all'incidente). Un enorme sarcofago d'acciaio fu eretto frettolosamente per sigillare il reattore e il suo contenuto.

Inizialmente il disastro di Chernobyl fu tenuto nascosto. La notizia che un grave incidente nucleare era accaduto fu resa nota non da fonti sovietiche, ma dalla Svezia, dove il 27 aprile sugli indumenti di addetti della centrale nucleare di Forsmark furono rilevate particelle radioattive. Dopo avere constatato che nel loro impianto non c'erano perdite, gli svedesi ricercarono l'origine della radioattività giungendo alla conclusione che si dovesse essere verificato qualche problema di natura nucleare in Unione Sovietica.

In seguito al disastro, 203 persone furono ricoverate immediatamente; 31 morirono (28 di queste per l'esposizione diretta alle radiazioni). Molti di loro erano pompieri e addetti che cercarono di mantenere l'incidente sotto controllo e che non erano stati informati di quanto pericolosa fosse l'esposizione diretta alle radiazioni. 135.000 abitanti furono evacuati dalla zona, inclusi tutti i 50.000 abitanti della vicina città di Pripyat.
La contaminazione provocata dall'incidente di Chernobyl non interessò solo le aree vicine alla centrale, ma si diffuse irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche. Ricerche condotte da scienziati sovietici ed occidentali indicano che il 60% delle zone contaminate si trova in Bielorussia. Anche una vasta area a sud di Bryansk, in Russia e parti dell’Ucraina nord-occidentale furono contaminate.

Mappa della contaminazione e delle aree di ricaduta

I lavoratori coinvolti nelle pulizie e nella sistemazione della centrale dopo l'incidente ricevettero alte dosi di radiazioni. Nella maggior parte dei casi queste persone non erano equipaggiate con dosimetri individuali per misurare la quantità di radiazioni ricevute, così gli esperti possono solo stimare le loro dosi. Anche nei casi in cui venivano utilizzati i dosimetri le procedure dosimetriche variavano. Secondo le stime sovietiche, nella pulizia dell'area evacuata furono impiegate tra le 300.000 e le 600.000 persone, molti dei quali però entrarono nella zona due anni dopo l'incidente. Il numero di addetti alla pulizia che lavorarono nella zona entro un anno dal disastro è stato stimato in 211.000: questi lavoratori ricevettero una dose media stimata di 165 millisievert (16.5 rem).
In molti casi, come dimostrato dalle registrazioni tra gli elicotteristi e le centrali operative, i militari sovietici rifiutavano volontariamente il turn over, che avrebbe potuto metterli al riparo da conseguenze anche mortali. Spesso questo accadde contravvenendo agli ordini.

Medaglia sovietica di cui sono stati insigniti i soccorritori

Alcuni bambini nelle zone colpite, bevendo il latte locale, assunsero Iodio 131, un isotopo con tempo di dimezzamento relativamente breve, con un assorbimento di radiazioni alla tiroide fino a 50 gray.
Molti studi hanno rilevato che l'incidenza del cancro alla tiroide sui bambini bielorussi, ucraini e russi è aumentata sensibilmente.
L'AIEA ha rilevato "1800 casi documentati di cancro alla tiroide in bambini che all’ epoca dell’incidente avevano un’ età compresa tra 0 e 14 anni, dato di molto superiore alla media", ma non è riuscita a fare previsione sull’ incidenza futura del fenomeno. I tumori alla tiroide infantile che sono stati diagnosticati sono di tipo esteso e molto aggressivo, ma se diagnosticati subito possono essere curati. Per quelli in metastasi è necessario un’intervento chirurgico seguito da terapia specifica. Ad oggi queste cure hanno avuto successo con tutti i casi diagnosticati.

Subito dopo l'incidente, la principale preoccupazione derivò dalla presenza nell'area del sopra citato Iodio 131, un isotopo radioattivo dall'emivita di 8 giorni. Ora le preoccupazioni si concentrano sulla contaminazione del suolo con Stronzio 90 e Cesio 137, che hanno un tempo di dimezzamento di circa 30 anni. I più alti valori di Cesio 137 si trovano sugli stati superficiali del terreno, da dove vengono assorbiti da piante e funghi e quindi entrano nella catena alimentare locale. Test recenti hanno dimostrato che il livello di Cesio 137 negli alberi continua a crescere. La principale fonte di eliminazione sarà il degrado naturale del Cesio-137 nel più stabile Bario 137, dato che la dispersione che avviene con le precipitazioni e le acque sotterranee è trascurabile.

L'AIEA ha calcolato che l'incidente di Chernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della bomba caduta su Hiroshima, ma ha rilasciato radiazioni da 100 a 1000 volte inferiori a quelle causate dai test di armi nucleari effettuati a metà del XX secolo. In conclusione l'incidente di Chernobyl è stato un disastro a livello locale, ma non su scala globale.

Secondo gli scienziati sovietici convenuti alla Prima Conferenza Internazionale sugli aspetti radiologici e biologici dell'incidente di Chernobyl (tenutasi nel settembre del 1990), i livelli di fallout nell'area compresa nel raggio di 10 km dall'impianto furono registrati fino a 4,81 GBq/m².
La cosiddetta "foresta rossa" di pini uccisi dalle radiazioni si trova immediatamente dietro l'impianto. La "foresta rossa" ricopriva circa 4 km²; solo i pini morirono mentre le betulle e i pioppi sopravvissero. La "foresta rossa" è stata così soprannominata perché gli evacuati riportarono che nei giorni seguenti al disastro gli alberi diventarono rossi, probabilmnte a causa del massiccio fallout radioattivo.
L'evacuazione della zona che circonda l' impianto ha generato un rifugio unico per la fauna selvatica. Non si sa se la contaminazione da radiazioni avrà effetti a lungo termine sulla flora e la fauna della regione, poiché le piante e gli animali hanno tolleranze radiologiche significativamente diverse e varie da quella degli uomini. Comunque, sembra che la biodiversità nella zona dell' incidente sia aumentata in seguito all' assenza delle attività umane. Si sono rilevate mutazioni in alcune piante della zona, tali notizie hanno portato a racconti non dimostrati su una presunta "foresta delle meraviglie" popolata da molte piante che hanno subito strane mutazioni. La zona è nota per essere silenziosa, segno che non è ancora stata ripopolata dagli uccelli.

Le autorità sovietiche iniziarono ad evacuare la popolazione dell'area circostante Chernobyl 36 ore dopo l'incidente. Nel maggio 1986, circa un mese dopo, tutti i residenti nel raggio di 30 km dall'impianto, circa 116.000 persone, erano stati trasferiti.
Secondo i rilievi degli scienziati dell'International Chernobyl Project, 28.000 km² furono contaminati da cesio-137 in quantità superiori a 185 kBq/m². In quest'area vivevano circa 830.000 persone. Approssimativamente 10.500 km² furono contaminati da cesio-137 in quantità superiori a 555 kBq/m². Di questi 7.000 km² si trovano in Bielorussia, 2.000 km² nella Federazione Russa e 1.500 km² in Ucraina. Circa 250.000 persone vivevano in questa zona.

Gli studi epidemiologici sulle conseguenze del disastro nell' ex-Unione Sovietica sono stati impediti da mancanza di fondi e da strutture sanitarie con poca o nessuna esperienza nel settore. Sono stati enfatizzati cicli di esami piuttosto che studi epidemiologici approfonditi. Sforzi internazionali di organizzare tali studi sono stati ostacolati dagli stessi motivi, specialmente dalla mancanza di adeguate infrastrutture scientifiche.
Grazie alla campagna di esami e al registro del cancro fondato in Bielorussia è stato rilevato un aumento dell'incidenza del cancro alla tiroide sui bambini residenti nelle aree di Bielorussia, Ucraina e Russia colpite dal disastro. Secondo gli esperti i risultati della maggior parte degli studi epidemiologici condotti sino ad ora devono essere considerati comunque provvisori, in quanto l'analisi completa degli effetti sulla salute dell'incidente è un processo tuttora in corso.

Le attività intraprese da Bielorussia e Ucraina in seguito all' incidente (bonifiche ambientali, evacuazioni e reinsediamenti, sviluppo di fonti alimentari non contaminate, misure sanitarie pubbliche) hanno pesato molto sui governi di questi paesi. Agenzie internazionali e governi stranieri hanno fornito assistenza logistica ed umanitaria. Inoltre grazie agli sforzi della Commissione Europea e dell'OMS per rafforzare le strutture di ricerca epidemiologica in Russia, Ucraina e Bielorussia si stanno gettando le basi per consentire a questi stati in futuro di poter portare avanti studi epidemiologici autonomi.
Non è mai stato chiarito che fine abbia fatto l'enorme quantità di latte contaminato ucraino, rumeno, polacco e bielorusso che avrebbe dovuto essere distrutto e che, almeno in parte, è stato ridotto in polvere e probabilmente redistribuito attraverso l'industria dolciaria e casearia.

I problemi alla centrale di Chernobyl non finirono con il disastro avvenuto nel reattore n° 4. Il governo ucraino continuò a mantenere operativi i tre reattori rimanenti a causa della scarsità di energia elettrica nel paese. Nel 1991 divampò un incendio nel reattore n° 2, in seguito le autorità lo dichiararono danneggiato irreparabilmente e fu dismesso. Il reattore n° 1 fu decommissionato nel novembre 1996 nell'ambito di accordi stipulati tra il governo ucraino e le organizzazioni internazionali come l'AIEA. Nel novembre 2000, con una cerimonia ufficiale, il presidente ucraino Leonid Kuchma premette personalmente l'interruttore per lo spegnimento del reattore n° 3, cessando definitivamente ogni attività nell'intero impianto.

Il sarcofago non è un contenitore permanente e duraturo per il reattore distrutto a causa della sua affrettata costruzione, spesso eseguita a distanza con l'impiego di robot industriali; la struttura sta invecchiando male e se collassasse potrebbe esserci il rilascio di un'altra nube di polvere radioattiva. Sono stati discussi molti piani per la costruzione di un contenitore più duraturo ma, finora, si sono rivelati tutti troppo costosi e pericolosi da mettere in atto.

Tokaimura

Tokaimura, villaggio a 130 km a nord est di Tokio, è divenuto famoso per il terzo più grave incidente della storia del nucleare.

Il sito della JCO, era una fabbrica di combustibile nucleare e non un reattore. Proprio per questo pochissime misure di sicurezza o di evacuazione erano presenti all'epoca.

L'incidente, accaduto il 30 settembre 1999, fu generato dalla miscelazione di uranio e acido nitrico al di fuori delle regole che il ministero aveva imposto. Furono introdotti 16 Kg di uranio esaurito al posto dei 3 Kg massimi. In seguito un lampo blu, dovuto ai neutroni emessi dall'innesco della reazione nucleare e una forte emissione di raggi gamma costrinse gli operatori ad evacuare lo stabilimento.

Solo dopo 20 ore tre operai entrarono nel capannone per tentare di separare i materiali fissili manualmente. Dei tre, due morirono per le radiazioni e solo l’ultimo si è salvato dopo molti mesi di ospedale.

Fortunatamente non ci fu per grosso rilascio di sostanze inquinanti all'esterno ma molti dipendenti, alcune decine, furono contaminati da dosi elevate di radiazioni.

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