PROPULSIONE IONICA
La propulsione ionica si applica ai satelliti e alle sonde già lanciati fuori dall'atmosfera o, in futuro, direttamente assemblati nello spazio. Questo tipo di propulsione trae origine dal principio della ionizzazione dei gas per ottenere una spinta non dipendente dal movimento meccanico o dalla combustione chimica dei razzi vettori.
Gli atomi dell'elemento prescelto - xenon, argon (gas nobili), indio o mercurio - vengono sottoposti ad un campo di elettroni creato attraverso un filamento di dimensioni capillari (catodo); gli elettroni che urtano contro gli atomi di xenon li ionizzano: sono questi i famosi "ioni". Tali ioni, con carica positiva, vengono accelerati facendoli passare attraverso griglie ad alta carica elettrica. La sorgente di energia consiste nell'elettricità (corrente continua, normalmente fornita da pannelli solari). In poche parole, la spinta è fornita da atomi ionizzati e "sparati fuori" da un campo elettrostatico attraverso dei piccoli ugelli.
Il gas di scarico viene emesso a 30- 40 km/s. Una velocità molto elevata se comparata a quella di un normale motore a reazione, che rende il propulsore a ioni uno dei motori spaziali più efficienti. La spinta prodotta dagli attuali propulsori ionici è comunque molto bassa, perché la quantità di propellente espulsa durante il funzionamento è irrisoria. Però protraendola nel tempo e tenendo presenti le condizioni esistenti nello spazio (in primis la quasi assenza di attrito), si possono raggiungere velocità utili all'esplorazione.
Sonde che utilizzano la propulsione ionica:
- Deep Space 1 - DS, 1998 da Cape Canaveral (NASA)
- SMART-1, 2003 da Kourou (Guiana Francese) attraverso un vettore Ariane 5 (ESA)
- Hayabusa, missione giapponese (dal 2003 al 2010) che ha lanciato una piccola sonda robotizzata (Minerva) per lo studio della polvere cosmica verso l’asteroide Itowaka, a 300 milioni di km dalla Terra.