USS SELEYA

 

Opera di Emrys del casato di Robor

Breve discorso sugli insegnamenti del Maestro K’Toh – Hech della scuola dell’Unificazione

 

FILOSOFIA (Shun’K’Tulun)

Poiché la scuola dell’Unificazione si basa moltissimo sui concetti principali di questa filosofia antichissima (ed anzi, il Maestro K’Toh – Hech è anche molto noto per le sue innumerevoli sentenze) ho deciso di includere una parte di spiegazione dei concetti cardine dello Shun’K’Tulun.
Devo premettere che io non sono praticante, non dovrebbe essermi concesso di conoscere nulla di questa filosofia, tuttavia io non sono tecnicamente allieva del Maestro e dunque non devo sottostare alle leggi ed ai divieti che sono invece imposti agli altri guerrieri della scuola dell’Unificazione.

Il numero supremo (vagh)

Ho già accennato al fatto che il numero cinque è simbolicamente legato alla persona klingon ma in modo differente rispetto al quattro. Semplificando si potrebbe affermare che il quattro sia la versione materiale del cinque, ovvero quel numero che contempla tutto fuorché il livello del pupqeq.
Lo Shun’ ha una base dottrinale che si fonda sul cinque e sul tre. Per quello che mi interessa nella trattazione delle tecniche e dei principi dell’Arte della Guerra, il cinque è di gran lunga il numero più importante.

I cinque principi dello Shun’

Sembra inusuale che una antica tradizione klingon, per come abitualmente ci si relaziona con questo popolo affascinante, possa trattare argomenti come il “peso” dell’aura, eppure questa è esattamente la materia del primo principio: HoS.

L’energia non è la forza. Esistere, pensare, agire, anche morire non sono atti di forza. La forza è debole, l’energia è l’unica fonte attiva che muove ogni cosa. Se prima di cominciare qualcosa, tale cosa è stata già contemplata a livello energetico, non è possibile che il risultato non sia che positivo. Così, applicando il primo concetto all’Arte della Guerra, un’azione inizia e termina prima di cominciare; prima infatti bisogna delegare l’aura (il concetto più vicino all’HoS che abbia trovato) a compiere tale azione.
Parlare di aura non è facile, potrebbe essere fraintesa o si potrebbe credere che si tratti di una specie di alone luminoso impalpabile che solamente i klingon vedono. Invece è una realtà ben concreta. In verità si potrebbe dire che due guerrieri che si affrontano mettono a confronto i pesi delle proprie aure e non la solidità dei loro muscoli.

Il secondo principio riguarda la conoscenza (Sov). Seguire la verità dell’Universo significa armonizzarsi ad esso ma non solo, significa anche conoscerlo in ogni sua parte. Degno d’onore è il klingon che si avvicina all’Universo attraverso le sue armonie naturali. Dunque, degno d’onore è il klingon che conosce la posizione di ogni cosa. Applicando il secondo principio all’Arte della Guerra ed alla scuola dell’Unificazione, si può vedere in esso la padronanza completa dello spazio. Non solo ciò che sta nel cerchio, ma anche ciò che è al di fuori, ovvero ciò che è dentro, fuori ed intorno è noto.
Attraverso il secondo principio ci si avvicina al pupqeq in modo armonico.

Il terzo principio è il rispetto (vuv). Non esiste guerriero che non rispetti il proprio avversario, altrimenti non lo riterrebbe degno d’un confronto, giacché se l’avversario è in grado potrebbe dare al guerriero la morte e questo è accettabile solo da un avversario degno d’onore. Il rispetto nello Shun’ è un cardine, che tuttavia parte da se stessi. Primo viene il rispetto per la propria essenza, per l’aura, per la conoscenza, per il corpo. Secondo e di riflesso giunge il rispetto per l’altro. In questo principio emerge un’altra verità Shun’: l’altro è specchio di noi. Un guerriero difficilmente noterà nell’avversario debolezze che egli stesso non abbia notato ed affrontato in sé.
Un guerriero difficilmente troverà le proprie debolezze se non ha rispetto per esse. Un guerriero ammirerà nell’altro pregi che ha visto in sé o dei quali ritiene d’essere privo. E come corollario questo principio afferma: “Noi siamo il filtro ed il maggiore ostacolo che ci para la strada verso la Verità dell’Universo”. Dal terzo principio scaturisce anche il concetto dell’annullamento del sé, che viene sviluppato nel quarto principio, e che sembra essere l’unico mezzo per comprendere l’Universo e poter essere degni di vincere ogni battaglia.

Il quarto principio compenetra il secondo ed il terzo. Esso infatti afferma che è essenziale conoscere ciò che è diverso da sé per poterlo giudicare, apprezzare, amare od odiare. E tuttavia non è possibile conoscere il diverso se non si conosce se stessi. Dunque il quarto principio ha a che fare con il ruolo (lan). Si possono controllare tutte le cose purché per una volta almeno ci si sia messi al posto di ciascuna di esse. Per l’Arte della Guerra, si può sconfiggere qualunque avversario se almeno una volta ci si è messi nei suoi panni, filosoficamente parlando.
Il quarto principio sembra essere il più lontano dalla natura klingon mentre invece un più attento osservatore potrebbe notare quanto al contrario sia vero che un klingon che combatte, combatte prima di tutto verso un altro se stesso, o altrimenti non potrebbe accettare serenamente di considerarsi morto in partenza.

Il quinto principio è la morbidezza (tun). Ammetto che tale definizione ha stupito anche me. Le parole klingon e morbidezza non sembravano per me accostabili fino a qualche tempo fa.
L’apparenza non inganni. Una delle frasi che preferisco per definire il quinto principio è:
“Soffocare un’intenzione significa moltiplicarla cento volte in potenza; cambiare invece l’intenzione guidandola altrove, significa rafforzare cento volte la propria”.
Dunque non si tratta di morbidezza arrendevole o fine a se stessa, ma di morbidezza strategica, con uno scopo preciso, completamente sotto controllo. Una morbidezza dura come una tenaglia.
In una battaglia questo principio si realizza quando, invece che impedire o bloccare l’attacco altrui, il guerriero saggio lo lascia passare e fa in modo che tale azione ed intenzione si volga poi a suo vantaggio.

ESSERE GIÀ MORTI, OVVERO INVINCIBILI

Tale idea è alla base dell’Arte della Guerra klingon e si esprime in molti concetti della filosofia Shun’K’Tulun. Accettare la morte è fondamentale per lo Shun’. Un adepto deve sapere che ogni istante è un ottimo istante per morire, così come il guerriero. Solo in tal modo è possibile raggiungere l’annullamento del sé che porta alla comprensione dell’Universo. Una volta compreso l’Universo non è più possibile essere sconfitti.

Un giorno il Maestro K’Toh – Hech, mentre mi stava spiegando alcuni di questi concetti, si interruppe e rimase in silenzio ad occhi semichiusi, come profondamente assorto. Passarono lunghi minuti, durante i quali la mia impazienza si faceva ansia. Ad un certo punto il Maestro riemerse dalle sue meditazioni e disse:
“Cosa ti turba?”
Io non capii la domanda, anche perché nel momento in cui il Maestro era entrato in meditazione, stava parlando ed io non avevo pronunciato parola da qualche tempo.

Allora il Maestro mi spiegò.
“Io sono in armonia con la verità dell’Universo. Non ho motivo d’agire diversamente da come agisco, non ho altri desideri che l’onore, non ho altri onori che l’Universo. Se taccio, taccio. Se parlo, parlo. Ma quando tu taci, è perché vorresti parlare e spesso se parli in verità vorresti tacere. Dunque io vedo e sento ogni tua energia. Già solo per il fatto che provi differenza tra il mio silenzio e la mia parola, unicamente da questo io capisco che qualcosa ti turba.”

Risposi che non capivo il motivo di zittirsi a metà d’una frase e lui fu gentile davanti alla mia ignoranza.
“Quante foglie mette un ramo in primavera? Il numero che vuole. Perché? Che motivo ha di far germogliare dodici foglie o tredici o venti? È l’armonia dell’Universo. Chiunque creda che l’albero metterà tredici foglie, mente. Solo chi SA che l’albero metterà tredici foglie può dirlo.
Così un avversario che mi sfidi, perde. Se io sono nella verità dell’Universo e qualcuno, non accorgendosene, sente il bisogno di misurarsi con me, nel momento stesso che tale bisogno lo pervade, egli ha già perso. Il risultato si decide prima di cominciare.”

Dunque, essere morti vuol dire essere in armonia con l’Universo o più semplicemente essere coerenti con la sua verità. Ovviamente si tratta di una morte spirituale, non fisica, che ha con essa una profonda differenza: la morte fisica è una fine e un inizio in un altro luogo e tempo, mentre la morte spirituale è un evento dinamico, un continuo morire e rinascere in se stessi, sempre nuovi, sempre perfetti, sempre più pupqeq.

Per vincere non serve sconfiggere l’avversario. A volte è proprio distruggendo il nemico che si perde, perché l’intenzione annulla ogni altra azione. Se il desiderio è la distruzione dell’altro, un guerriero farebbe bene a ritirarsi prima di incontrare il due.

I TRE CUORI SHUN’

Ho accennato al tre. Esso è la parte prettamente spirituale della filosofia dello Shun’ e dunque ho premesso che non intendo trattarlo. Tuttavia esiste un aspetto o manifestazione del tre che si avvicina all’interpretazione della scuola dell’Unificazione. Durante una delle sue lunghe spiegazioni, il Maestro mi parlò dei tre cuori dello Shun’, che sono i tre intenti dell’adepto o anche i tre desideri che precedono l’armonia.

Primo: ottenere la verità.

Ovviamente da intendere sia verso l’esterno che l’interno, in quando espressione dell’unica verità che è quella universale. Nella scuola il Maestro richiede questo cuore a tutti i guerrieri. Chi non è sincero deve andarsene.

Secondo: realizzare totalmente il proprio scopo o la propria missione.

Vale sia per ogni piccolo intento che per ogni grande slancio onorevole. Parte dal presupposto che si possa investire nella realizzazione tutte le proprie energie. Il secondo cuore è richiesto sempre più spesso man mano che i guerrieri divengono più esperti.

Terzo: annullare il tempo.

Questo cuore è la realizzazione dell’annullamento del sé di cui ho già parlato e se si riferisce al tempo non vuol dire che non intenda anche lo spazio. Per annullare il tempo ci vuole ardore e dedizione totale. Il terzo cuore nella scuola dell’Unificazione è presente solo a livelli molto alti di esperienza.

Secondo lo Shun’K’Tulun comunque questi tre cuori sono presenti anche nella gente comune, troppo spesso senza consapevolezza di tale tesoro o semplicemente senza ricerca ulteriore. Chi ha vissuto tutti e tre i cuori non può scordarsi tale esperienza. La via dello Shun’ non ha limiti, tutti sono e saranno sempre solo dei praticanti e i maestri sono solo dei praticanti esperti. Infatti chi crede di poter insegnare senza praticare è meno d’un principiante, in quanto lo stesso Shun’ afferma nei suoi principi che la conoscenza più profonda è quella di capire che ve ne è una ancora più profonda.

L’apice, il massimo oltre il quale vi è solo la morte, è l’annullamento totale del sé. Ed essere allora è solo un di più che può venir trascurato. Ma certamente fare da maestri Shun’K’Tulun vuole dire non sentirsi assolutamente arrivati.
Nello Shun’ l’essenza universale è l’unica via. La percezione di tale essenza è l’unico scopo.
Poiché si dice anche che l’unica limitazione alla percezione di tale essenza è l’essere klingon stesso, si pratica l’annullamento del sé. Bisogna ammettere comunque che non esistono pratiche che siano avulse dalla realtà fisica delle persone. Infatti lo Shun’ non rifiuta nessun adepto.
C’è rispetto per ogni azione, per ogni posizione, per ogni pratica. L’importante non è il modo in cui si percorre la via, l’importante è solo la via. Per questo motivo la filosofia Shun’K’Tulun è la più vicina alla verità della scuola dell’Unificazione, in quanto questa scuola intende aprirsi a tutte le civiltà e non restare radicata puramente in un recinto klingon.
Esiste una sola vera regola nello Shun’: ciò che è senza onore non merita di essere.
Essere senza onore vuol dire, in un modo più vicino alla concezione filosofica della Federazione, essere fuori dall’armonia che è la Verità Unica dell’Universo.
Anche il concetto di universo per la filosofia Shun’K’Tulun è ben diverso da quello affine alla Federazione, ma non è utile per me addentrarmi ulteriormente in una spiegazione approfondita, in quanto non si tratta di un trattato sullo Shun’.
Chiunque desideri avvicinarsi a questa filosofia, sapendo che essa è dura, radicale, totale e non perdona i traditori, si presenti come aspirante adepto al maestro K’Toh – Hech. Di più non posso dire.


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