USS SELEYA

ASTRONOMIA
06 - 06  
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ZONA ABITABILE STELLARE

DEFINIZIONE

Con il termine Zona Abitabile (talvolta chiamata Ecosfera o, in inglese, Goldilocks Zone) viene definita la fascia circumstellare all'interno della quale è possibile trovare pianeti terrestri con condizioni che permettano lo sviluppo di forme di vita complessa, anche intelligente, simili a quella umana.


REQUISITI

Perché si sviluppino forme di vita complessa, anche senzienti, sono necessarie alcune condizioni:

  1. La stella deve esistere da un numero di anni sufficiente per permettere l'evolversi della vita.
    Questo significa che, di norma, stelle di classe O e B - pur possedendo teoricamente una Zona Abitabile - non sono circondate da pianeti di classe M.
  2. La stella deve essere stabile, senza significative variazioni nell'emissione di luce e radiazioni.
    Anche se sono possibili forme di vita adattate a questa variabilità, difficilmente si troveranno pianeti di classe M.
  3. Il pianeta deve trovarsi alla giusta distanza dalla stella per permettere l'esistenza di acqua allo stato liquido.
    Troppo vicino (Zona Calda) e l'acqua evapora o i gas atmosferici creano un effetto serra eccessivo, incompatibile con ambienti di classe M. Troppo lontano (Zona Fredda) e l'acqua congela impedendo lo sviluppo di fenomeni biologici.
  4. Il pianeta deve possedere un'orbita stabile e una bassa eccentricità orbitale, ovvero deve discostarsi il meno possibile da un'orbita perfettamente circolare.
    Una eccessiva eccentricità comporta un'elevata variazione delle condizioni ambientali, che potrebbero rivelarsi parzialmente o del tutto ostili alla vita.
    La Flotta Stellare utilizza la classe Q per identificare questo tipo di pianeti.
  5. Il pianeta deve possedere un nucleo fluido ed essere geologicamente attivo.
    La presenza di un nucleo fluido permette l'esistenza di un campo magnetico forte abbastanza da proteggere l'ecosistema dall'eccesso, nocivo, di radiazioni solari e di radiazioni cosmiche.
    L'attività geologica permette, attraverso le emissioni vulcaniche, di contribuire al mantenimento dell'atmosfera che, altrimenti, verrebbe spazzata via dal vento solare.
  6. Il pianeta deve possedere una massa sufficiente a mantenere tanto l'atmosfera quando un nucleo fluido per un tempo che consenta lo sviluppo di un ecosistema in grado di sostenere forme di vita complesse.
    Un pianeta troppo piccolo, quindi con massa insufficiente, si raffredda troppo in fretta: il nucleo si solidifica, si perde la protezione del campo magnetico, l'atmosfera viene erosa dal vento solare e la superficie viene bombardata da radiazioni nocive.
    Un pianeta troppo grande rientra nella categoria delle Super terre, che possiedono pressione atmosferica e gravità superficiale eccessive per le forme di vita umanoidi (anche se è possibile lo sviluppo di forme di vita complesse, anche senzienti, adattate all'ambiente).

ESTENSIONE DELLA ZONA ABITABILE

Esiste una formula matematica per calcolare la posizione e l'ampiezza della Zona Abitabile di ogni stella, formula che si basa sul rapporto fra la luminosità di quella stella e quella del Sole (potete trovare la formula in Elementi di Astrofisica / Zona Abitabile).

Basandoci sui dati disponibili per il Sistema Solare, a partire da questo rapporto si può calcolare l'ampiezza della fascia che costituisce la Zona Abitabile.
La Terra, prototipo di pianeta di classe M, si trova a 1 UA dal Sole. Venere, pianeta di classe N, si trova al limite della Zona Calda e a 0.723 UA dal Sole. Marte, pianeta di classe K (ma sarebbe di classe M se fosse abbastanza grande da aver mantenuto atmosfera e campo magnetico) si trova a 1.52 UA dal Sole.
Utilizzando questi parametri come base di misura, si può stabilire l'ampiezza della Zona Abitabile come una fascia compresa fra il 75% e il 150% della distanza ottimale, che si ottiene utilizzando la summenzionata formula.

In base a questi calcoli, i limiti teorici minimo (confine con la Zona Calda) e massimo (confine con la Zona Fredda) della Zona Abitabile per ogni classe di stelle (espressa in UA, Unità Astronomiche) sono i seguenti:

CLASSE LUMINOSITÀ LIMITE MINIMO LIMITE MASSIMO

STELLE DELLA SEQUENZA PRINCIPALE

O ≥ 30.000 130 Indefinito
B 25 - 30.000 3.75 260
A 5 - 25 1.68 7.5
F 1.5 - 5 0.92 3.35
G 0.6 - 1.5 0.58 1.84
K 0.08 - 0.6 0.21 1.16
M ≤ 0.08 Limite di Roche 0.42

NANE BRUNE

L Fioca Non applicabile Non applicabile
T Minima Non applicabile Non applicabile
Y Infrarosso Non applicabile Non applicabile

Per le stelle di classe O non è previsto un limite massimo teorico, perché la loro luminosità può essere anche molte decine di migliaia di volte superiore quella del Sole. In ogni caso, essendo stelle che bruciano molto in fretta il loro idrogeno per poi esplodere come supernove, con una aspettativa di vita di soli due milioni di anni, è altamente improbabile che su eventuali pianeti di classe M abbiano tempo di nascere forme di vita complesse. Un'analoga considerazione si può fare per le stelle di classe B più massicce (almeno otto volte la massa del Sole).

Le stelle di classe M hanno un diverso problema: essendo "fredde" bruciano il loro idrogeno lentamente, ed hanno perciò un'aspettativa di vita abbastanza lunga da permettere lo sviluppo di forme di vita complesse, anche senzienti, su eventuali pianeti di classe M del loro sistema. La loro bassa luminosità, però, significa che un eventuale pianeta deve trovarsi molto vicino alla stella (non più di 0.42 UA; Mercurio, per fare un paragone, orbita a 0.39 UA dal Sole), con il rischio concreto che si crei una rotazione sincrona, il cui effetto è che il pianeta espone sempre uno stesso emisfero alla stella, mentre l'altro è sempre in ombra. Senza adeguati moti convettivi dell'atmosfera, una simile condizione impedisce la formazione di mondi di classe M e, di conseguenza, di forme di vita complesse. Inoltre, esiste una distanza minima al di sotto della quale non può trovarsi nessun pianeta: questa è nota con il nome di Limite di Roche, e corrisponde alla distanza - pari a circa 2.44 volte il raggio della stella - al di sotto della quale le forze di marea frammentano il corpo minore, in questo caso un pianeta. Un esempio di Limite di Roche all'opera sono gli anelli di Saturno.

Le Nane Brune, per loro natura, emettono pochissima o nessuna luce nello spettro visibile. Per quanto questo non impedisca la nascita di forme di vita anche complesse, la loro biochimica è necessariamente differente da quella di forme di vita adattate ad ambienti di classe M, che non possono prosperare alla "luce" di queste stelle. Per questa ragione non è possibile calcolare una Zona Abitabile attorno alle Nane Brune.


ALTRE ZONE ABITABILI

La formula che permette di calcolare l'estensione della Zona Abitabile si applica alle stelle della sequenza principale (anche a quelle che, a causa del loro ridotto ciclo vitale, non hanno tempo di sviluppare ambienti planetari adatti, come quelle di classe O e le più massicce di classe B) e alle Giganti Rosse che possono possedere pianeti. Questa formula, tuttavia, permette solo di identificare la zona di spazio in cui è più probabile trovare pianeti di classe M, ovvero pianeti in grado di ospitare forme di vita complesse comparabili con quelle umanoidi.

L'esperienza della Flotta Stellare mostra però che esistono forme di vita differenti da quelle a base carbonio, che popolano pianeti appartenenti a classi inadatte a sostenere la vita umanoide: alcuni esempi sono le Horta di Janus VI (un pianeta di classe G) a base di silicio, gli abitanti di Excalbia (classe E) a base di carbonato di calcio e quelli di Tholia (classe N) a base cristallina.

Anche forme di vita a base carbonio possono prosperare in ambienti apparentemente ostili alla vita: alcuni esempi riguardano gli oceani subglaciali di Europa (Sol VI d) o i Polifemiani incontrati dalla USS Stargazer nel 2345 (fonte: NOV TLE "The buried age"), così come alcune delle creature che popolano gli strati atmosferici superiori di molti pianeti di classe J.

L'unica lezione che si può trarre dalla molteplicità di forme di vita scoperte dalla Flotta Stellare è che la vita è tenace, sorge e prospera nelle più disparate condizioni, e non esiste un criterio univoco per includere o escludere un ambiente dalla loro ricerca se non quello di analizzare ogni possibile traccia: organica, artificiale, energetica. E anche questo non è detto che basti...

 
 
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